Comitato Regionale F.I.R. Lazio

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Accadeva 76 anni fa a Bucarest

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FangoSudore

Il 14 aprile del 1940 esordiva in Azzurro allo stadio Dinamo di Bucarest Mario “Maci” Battaglini, un 'utentica leggenda del rugby italiano. Quel giorno l’arbitro tedesco Krapt fece giocare una partita di settanta minuti perche aveva erroneamente fischiato la fine del primo tempo alla mezz'ora di gioco; l’incontro fini 3-0 per i rumeni.

Fu quello il primo dei cinque incontri che Maci, Azzurro n.75, disputò con la maglia dell’Italia; l’ultimo lo giocò il 24 maggio 1953 ancora a Bucarest contro i rumeni.

Il Museo del Rugby espone al proprio interno la maglia, l’unica esistente, del grande campione rosso-blu, donata al museo da Mario Piva, ed una mostra personale che attraverso foto e testi racconta l’uomo, l’atleta, l’allenatore: “La Leggenda di Maci”, realizzata nel 2002 dalla Pubblilux di Carlo Gasperotto in occasione dell'uscita dell'omonimo libro di Marco Pastonesi (la rassegna foto-documentaria è stata curata dallo stesso autore insieme ad Ivan Malfatto e Saverio Girotto).

Alla scoperta di Maci Battaglini

“Maci” nasce a Rovigo il 20 ottobre 1919: era un bambino grande e grosso tanto che la leggenda narra che la madre appena lo vide esclamò:«El par un Macistin». Da quel giorno tutti dimenticarono Mario e lo chiamarono Maci, abbreviativo di Macistin che stava appunto per Maciste. E Mario, una volta cresciuto diventò un vero e proprio Maciste, raggiungendo la ragguardevole altezza, per quei tempi, di 1 metro e 85 centimetri per un peso salito progressivamente fino ai 135 chilogrammi!

Crebbe lanciando disco e gettando peso, giocando a calcio e tirando di box (peso massimo, ovviamente). Si narra di un giorno del 1936 che Battaglini trascorse così: partita di rugby al mattino, partita di calcio al pomeriggio, incontro di boxe la sera.

La prima volta che prese tra le mani un pallone ovale risale al novembre del 1936. Iniziò nel ruolo di seconda linea con il Rugby Rovigo. A nemmeno vent’anni era già considerato l’astro nascente del rugby italiano e venne ingaggiato dall’Amatori Milano disputando così il suo primo campionato di serie A da assoluto protagonista: scudetto e miglior marcatore del torneo.

Nella stagione 1940-41 tornò nella sua Rovigo. Poi scoppiò la guerra e di rugby, a Rovigo, si riparlò solo nel 1945. Ma per  Mario Battaglini si avvicinava però il momento di fare un ulteriore salto di qualità. Nella stagione 1947-48 emigrò infatti in Francia dove diventò definitivamente il mito che è ancora ai giorni nostri. Dopo tre stagioni francesi nelle fila del Vienne e del Tolone, la nostalgia per il suo Polesine si fece insopportabile tanto che preferì fare ritorno nella sua Rovigo rinunciando a lavoro, casa, fama e gloria; in soli tre campionati, per i francesi, passerà alla storia come “le grand Batà”!

A 31 anni era nella piena maturità ed divenuto un giocatore di rugby completo. Inizierà così a gettare le basi per quello che sarà il primo Rovigo tricolore. A 37 anni decise di chiudere la sua carriera rugbistica. Iniziò così quella da allenatore. Un giorno del dicembre 1970, per evitare una donna Battaglini cadde, complice l’asfalto ghiacciato, dalla sua bicicletta ed andò a sbattere la testa. Subito sembrò una cosa da nulla, invece, mentre finiva l’anno entrò in coma. Alle ore 6.45 del 1° Gennaio 1971 morì all’Ospedale di Padova: aveva da poco compiuto 51 anni.

A dispetto del ruolo, della stazza e del soprannome, Battaglini è stato anche uno dei più precisi calciatori. Si narra di un pomeriggio a Bèziers, in Francia, ottavi di finale del campionato fra Bèziers e Vienne, calcio di punizione a 63 metri dai pali. Tra i fischi del pubblico, Battaglini sistemò la palla e sparò un tiro che passò alto, in mezzo, perfetto. Il pubblico scattò in piedi e gli tributò un applausi di 10 minuti.

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